Enterprise Integration with Ruby
Posted by Lucio Benfante Sun, 14 May 2006 08:15:00 GMT
Titolo: Enterprise Integration with Ruby Autore: Maik Schmidt Pagine: 346 Anno: 2006 Casa Editrice: The Pragmatic Programmers LLC. ISBN: 0-9766940-6-9 |
Premetto che, almeno per ora, non programmo in Ruby e mi sono limitato solamente all’installazione di Ruby on Rails e a provare pochi banali esempi. Al momento non sono convinto dell’effettiva utilità di Ruby e di Rails, se non per uno sviluppo molto rapido, ma di applicazioni piuttosto semplici e “regolari”. Credo che quando la complessità aumenta e l’applicazione richiede funzionalità meno standard, gran parte dei vantaggi dell’addozione di Ruby rispetto a Java si perdano, ed anzi lo sviluppo possa diventare più complicato.
...ma probabilmente mi sbaglio…e mi auguro che la lettura di questo libro mi chiarisca un po’ le idee.
Questa non vuole essere una vera e propria recensione, ma piuttosto un diario di lettura. Sia perchè non ho voglia di scrivere qualcosa di troppo organizzato, sia perchè fra qualche giorno devo passare il libro al nostro amico Paul Given (in arte Paolo Donà), che sarà sicuramente capace di scrivere una recensione migliore della mia, dato che conosce meglio Ruby.
Ma passiamo al libro…
[14 Maggio 2006…mattina]
Iniziato, e letti tutti d’un fiato i primi due capitoli (Introduction e Databases). Secondo l’introduzione il libro è adatto a me :) : ”...for experienced enterprise developers who know Java, C#, or C++ but don’t know much Ruby…”. Perfetto! Nell’introduzione non c’e’ molto altro, se non una breve descrizione di cosa si intende per enterprise software ed enterprise integration. In tutto sette pagine, compresi i ringraziamenti e un diagramma che descrive l’infrastruttura dell’applicazione d’esempio.
Il secondo capitolo, dedicato ai database, è suddiviso in due parti: la prima dedicata ai database relazionali, la seconda all’accesso a servizi di directory mediante LDAP. L’approccio usato dal libro, fedele allo stile della serie “Pragmatic Bookshelf”, è quello di mostrare molti esempi e molto codice, più che perdersi nella teoria. L’accesso ai database viene spiegato usando, in sequenza, delle librerie ad-hoc per Oracle e MySQL (contemporaneamente), una libreria con un’interfaccia generica indipendente dal DB (DBI), e un framework di mapping object-relational, ActiveRecord.
Nella parte su LDAP, si inizia con una breve introduzione alle caratteristiche di tali database. Ne viene poi mostrato l’utilizzo in Ruby, prima con la libreria Ruby/LDAP, e in seguito mediante ActiveLDAP, l’equivalente di ActiveRecord per il mapping object-hierachical.
Il tutto è un discreto tutorial, di livello base, sulle tecniche di accesso a tecnologie enterprise, database in questo caso, in Ruby. Purtroppo non è esattamente quello che mi sarei aspettato da un libro con questo titolo. Non vengono assolutamente affrontate le problematiche di integrazione. L’unico spunto viene dato dal primo esempio, in cui si accede a dati presenti in due database differenti (uno Oracle e l’altro MySQL), ma senza comunque affrontare molti dei problemi che questo può comportare. Ad esempio, non ci si preoccupa assolutamente della transazionalità, risolta semplicemente attivando l’autocommit.
Anche nel caso di LDAP, ci si limita all’accesso ad OpenLDAP, senza nessuna considerazione sulle problematiche di utilizzo di altri sistemi di directory.
[15 Maggio 2006…mattina]
Il terzo capitolo si intitola “Processing XML”. Iniziare così il lunedì mattina? Noooo…passiamo oltre…cioè alla fine! :)
L’ultimo capitolo, il sesto, si chiama “Tools and Techniques”...un po’ più stimolante.
La prima sezione tratta di I18n e L10n. A quanto pare è attualmente un punto dolente di Ruby, dato che il supporto è minimo e assolutamente non completo. Comunque ci si può riuscire…facendo molta attenzione. A parte alcune soluzioni “artigianali” per il trattamento dei caratteri, e la citazione di un paio di librerie incomplete o non più mantenute (jcode e unicode), la parte interessante è l’esame della libreria ICU4R, decisamente promettente. Per quanto riguarda la localizzazione dei messaggi, viene suggerita la libreria Ruby-GetText, porting in Ruby della GNU gettext. Francamente la trovo un po’ macchinosa. A parte le probabili attuali limitazioni di Ruby in questo campo, che probablmente spariranno col tempo, per quanto riguarda il libro, mi sarei aspettato almeno un accenno o un tentativo di integrazione con i sistemi di localizzazione di altri linguaggi, ad esempio con il meccanismo dei ResourceBundle di Java…peccato.
Segue una sezione sul logging, con l’esame delle librerie Logging e Log4R, l’equivalente il Ruby delle varie Log4J, Log4cpp, ecc. Niente da dire. Peccato anche in questo caso che non ci sia un tentativo, di riutilizzo-conversione almeno dei file di conversione delle liberie delle altre famiglie.
Molto interessante invece la sezione sulla creazione di deamon e servizi, sia in ambiente Unix, sia in ambiente Windows. Non c’e’ molto da dire su questo, ma, a parte RubyGems, per chi non lo conosce ancora, è sicuramente la sezione più eccitante del capitolo.
Passando al processo di Build e Deployment, esamina setup.rb, l’equivalente in Ruby di autoconf, e RubyGems. Quest’ultimo è un sistema assolutamente comodo di installazione e di deployment, e, malgrado la mia scarsissima esperienza (ma anche nel libro si afferma questo), credo stia diventando il meccanismo standard di distribuzione di software Ruby. Peccato venga trattato troppo brevemente, e solo per quanto riguarda l’installazione delle Gems. Ci si dilunga invece su setup.rb, mostrando anche come costruire un pacchettizzazione di un piccolo progetto con questo tool.
La sezione successiva tratta dell’automazione del progetto, cioè del processo di sviluppo. Viene suggerito sono Rake, l’equivalente in Ruby di make. Paragonato con i tool presenti in Java (ad esempio Ant e Maven) è decisamente un passo indietro. Brevemente: non portabile e con una sintassi macchinosa come quella del make originale. Se non ricordo male, esistono altri tool a questo scopo (un grazie a chi me li ricorda :) ).
L’ultima sezione è un tentativo di eseguire dei system test sulle applicazioni legacy. Il risultato è poco più dell’automazione di una serie di diff sull’output delle applicazioni, confrontato con l’output di un’esecuzione precedente. Niente che non potesse essere realizzato con un normale shell script, senza scomodare Ruby. Discutibile anche la scelta di utilizzare YAML per la descrizione del testcase, invece di un comune file XML.
[16 Maggio 2006…mattina]
Ok…coraggio…vediamo sto capitolo su XML (si capisce che odio l’XML? :) ) ...ma purtroppo è un male necessario, e, quando non se ne abusa con l’utilizzo, anche utile.
Il capitolo tutto sommato non è male. Ovviamente introduce, fortunatamente molto brevemente, le basi dell’XML, per poi passare alla generazione, parsing e validazione in Ruby. C’è anche una sezione dedicata a XPath, che forse poteva essere evitata, o almeno ridotta (a chi potrà mai interessare una tabella, che occupa metà di una pagina, degli operatori booleani di XPath: =, !=, >, ecc…?)
Il primo approccio alla generazione è quello “artigianale” mediante concatenazione di stringhe. Ovviamente sconsigliato anche dallo stesso autore, ma è comunque un modo per concentrarsi sui problemi di generazione dell’XML e un buon esempio di codice Ruby sul trattamento delle stringhe. Successivamente viene mostrato come si dovrebbe fare “sul serio”, mediante la libreria [REXML](http://www.ruby-doc.org/stdlib/libdoc/rexml/rdoc/) e mediante la libreria [Builder](http://builder.rubyforge.org/).
Passando alla elaborazione/parsing di documenti XML, viene mostrato l’utilizzo di REXML, che supporta sia un tree parsing (proprietario, non DOM standard), sia due metodi di stream parsing, uno proprietario e quello SAX2. Il supporto a quest’ultimo è molto buono, a parte ciò che ha a che fare con il DTD. Inoltre si evidenziano alcuni vantaggi derivanti dall’utilizzo di un linguaggio dinamico come Ruby, che evita alcune delle “noiosità” sintattiche di un linguaggio statico e fortemente tipizzato come Java.
Viene poi mostrato l’utilizzo di una libreria per l’XML binding, tipo [XMLBeans](http://xmlbeans.apache.org), per capirci. La libreria si chiama [XmlSimple](http://rubyforge.org/projects/xml-simple/), ed è il porting in Ruby del modulo Perl XML:Simple. Peccato che il risultato sia assolutamente equivalente al progetto Perl originale: una serie di array e hashmap. Con le possibilità di generazione dinamica di Ruby mi sarei aspettato qualcosa di più. Possibile che non esista niente di meglio?
Segue la nota dolente dell’attuale supporto XML di Ruby: la validazione. Paraticamente nulla, almeno per le librerie esaminate in questo libro. REXML supporta parzialmente RELAX NX, ma per nulla DTD e Schema. Se proprio serve (? certo che serve!), nel libro viene suggerito di invocare un tool esterno a riga di comando: xmllint.
In conclusione del capitolo vengono presentate, con esempi di codice Ruby, le alternative all’uso di XML: CSV, Properties Files alla Java e (entusiasticamente) YAML. Personalmente non condivido l’entusiasmo per YAML…
[19 Maggio 2006…mattina]
Mooolto interessante il capitolo 5 “Low-Ceremony Distributed Applications”. Con questa dicitura l’autore intende applicazioni in grado di comunicare all’esterno con dei protocolli molto semplici.
Viene quindi mostrato come costruire dei semplici TCP server multi-thread. Mediante la libreria gserver, il tutto si risolve in veramente poche righe di codice. Gi esempi costruiscono un semplice log server, di cui vengono scritti i client in Ruby (ovviamente), Java e Perl. In seguito al server vengono aggiunte le capacità di memorizzare le voci di log in un database con ActiveRecord, e di spedire un’e-mail in caso di logging di un fatal error. La libreria usata in questo caso è [tmail](http://raa.ruby-lang.org/project/tmail/).
La seconda parte del capitolo si dedica invece ad applicazioni che comunicano tramite il protocollo HTTP. Viene quindi mostrato come scrivere dei client e dei server HTTP. Quest’ultimo compito viene rese quasi banale dall’utilizzo della libreria [WEBrick](http://www.webrick.org/). In pochi secondi si riesce a mettere in piedi un server HTTP, eventualmente con supporto SSL, vari tipi di autenticazione, la capacità di leggere le password dallo stesso file di Apache httpd, e molto altro.
[20 Maggio 2006…mattina]
Lettura veloce del capitolo 5 “Distributed Applications with RPC”, dato che fra qualche ora devo mollare il libro a Paolo.
Anche questo, come il capitolo 4, è uno dei capitoli per cui secondo me vale la pena di leggere il libro. In una sessantina di pagine viene mostrato come usare in Ruby praticamente tutte le tecnologie per intefacciarsi con applicazioni scritte in altri linguaggi (e viceversa): XML-RPC, HTTP/REST, SOAP, CORBA e RMI.
Interessante, soprattutto dal punto di vista dell’integrazione, l’approccio per CORBA (l’uso di RMI non viene mostrato, dato che è ottenibile nella stessa maniera). Dato che non esiste, e probabilmente non esisterà mai, un’implementazione di CORBA per Ruby…viene usata l’implementazione corba di Java, usando direttamente una JVM e le classi Java da Ruby, mediante [rjb](http://raa.ruby-lang.org/project/rjb/) (Ruby Java Bridge). rjb usa la Java Native Interface per istanziare qualunque classe Java da Ruby.
Infine viene mostrato l’uso di [dRuby](http://raa.ruby-lang.org/project/druby/), l’equivalente in Ruby dell’RMI in Java…decisamente sconsigliato, se l’obiettivo è l’interoperabilità con altri linguaggi.
Concludendo….il libro è sicuramente da consigliare, soprattutto a chi non conosce molto Ruby, e vuole farsi un’idea di come potrebbe essere utilizzato in un ambiente eterogeneo. Il livello non è sicuramente avanzato, ma intermedio, e questo è un peccato: in alcuni argomenti si sarebbe potuto andare un po’ più a fondo. La critica principale da fare è che generalmente tende ad essere una mera esposizione con esempi delle librerie disponibili in Ruby per usare le tecnologie che normalmente si usano in ambiente enterprise. Mi sarei aspettato un’attenzione maggiore ai problemi che si incontrano affrontando l’integrazione in ambiente enterprise.
Ad esempio, nella sezione su SOAP viene semplicemente mostrato come creare un servizio SOAP in Ruby. Possibile che non ci sia proprio nessun problema o difficoltà ad usare tale servizio da client .NET o Java? O, viceversa, che non si debba usare qualche accortezza se dobbiamo accedere a servizi SOAP scritti in .NET o Java usando un client scritto in Ruby?
questo sito non se lo inc… nessuno, cioè mi sa che nessuno legge i post, nè tantomeno li commenta.
ok M2B, probabilmente è vero…ma che importa?
Tu, che evidentemente i post li leggi, e ti prendi anche la briga di scrivere questi commenti illuminanti…( :) ...hey…la faccina significa che il tono è scherzoso…non picchiamoci)...cosa pensi di questo post?
Io ho letto il post, e l’ho trovato interessante. Guardo spesso il nostro portale, però mi piacerebbe vedere un post al giorno, o almeno ogni due giorni. Credo che ognuno di noi possa riportare elementi della sua attività quotidiana in ambito java, e non solo, che potrebbero essere utili anche agli altri. Non mi dispiacerebbe vedere quali trucchi ognuno di noi usa nella sua attività di programmatore. E poi lo vogliamo mettere un conta accessi visbile al pubblico?
Michele ha scritto su Capistrano, che mi sembra, almeno dalla descrizione, più avanti ancora di Maven. Resta la perplessità che sembra uno strumento per applicazioni Ruby
Capistrano e Maven nascono da esigenze molto diverse, anche se in effetti hanno un ‘finestra d’utilizzo’ comune.
Maven è un tool per la gestione dei progetti (93%) che può anche fare i deploy dell’applicazione (7%) mentre Capistrano automatizza un set di operazioni remote in modo da poterle lanciare in locale: per esempio il deploy.
Trovo entrambi molto potenti, ma in ambiti diversi: non si possono aggiornare le librerie del progetto con Capistrano, nè si può migrare il database di produzione e fare il deploy dell’applicativo in una transazione (ehh si, capistrano ha le transazioni :-P) con Maven. Quantomeno non in modo banale e con non più di 3/8 righe di testo.